Il discorso di insediamento: è ora di agire! 0


Passato il voto, gli eletti prendono posto.
L’avventura ha inizio e serve un bel discorso di insediamento.
Ecco alcuni consigli per prepararlo.

LO SCOPO
Prima di tutto chiediti qual è lo scopo del tuo discorso.
Informare? No! Quella è una vecchia formula della comunicazione. Oggi bisogna fare di più.
Dobbiamo influenzare il pubblico. Indurlo ad una riflessione, un cambiamento, una reazione che sia utile al nostro progetto politico.
E verificarlo attraverso un feedback.

LA STRUTTURA
C’è discorso e discorso.
Una struttura ben collaudata e di sicuro successo per scrivere un discorso efficace in qualsiasi contesto prende spunto dall’arte oratoria greca. Queste le tre fasi fondamentali.

  1. ESORDIO (o introduzione). È la fase dell’empatia.
    Cogli l’opportunità per stabilire un contatto.
    Qui trovi i miei consigli su come rompere il ghiaccio davanti alla platea.
  2. PROPOSTA (o svolgimento). È la fase dell’intelligenza.
    Esponi la tesi e argomentala.
  3. CHIUSURA (o conclusione). È la fase della volontà.
    Induci all’azione, dai la spinta al tuo pubblico per poter riflettere e reagire.

Il risultato non sarà solo quello di aver creato o mantenuto consenso. Avrai anche prodotto una reazione utile a sostenere il tuo cammino politico.

Questa struttura è perfetta per ogni occasione. In particolare quando desideriamo avere un feedback effettivo. In termini di voti, ad esempio.
Ma una volta superata la tornata elettorale come si prepara e si affronta un discorso di insediamento?

Le fasi non cambiano. Lo scopo è sempre quello di rafforzare il consenso, anche se hai appena vinto le elezioni.
Tuttavia ci sono alcune particolarità che distinguono un discorso di insediamento da un discorso elettorale.
Vediamole insieme.

LA NARRAZIONE
È noto quanto sia potente, nell’esposizione di un discorso, l’uso delle tecniche narrative che Vladimir Propp ha individuato nella fiaba (Qui puoi approfondire). Questa struttura produce emozioni dirompenti.  Le emozioni producono cambiamenti nelle persone (anche reazioni fisiche: brividi, battiti accelerati, lacrime) e le spingono all’azione.
Nancy Duarte, guru americana dello speech, è andata oltre.
Capovolge i ruoli tipici del viaggio dell’eroe: “È il pubblico l’eroe della nostra idea”, dice.
Dunque l’oratore, in questo caso il politico, diventa l’aiutante magico che fornisce gli strumenti al pubblico/eroe di realizzare i propri sogni.
La Duarte ha analizzato alcuni tra i più grandi discorsi pronunciati, da Steve Jobs a Martin Luther King.
E ha trovato la struttura dei grandi discorsi. Che ha esposto poi in TED.
Se, come ha trovato Gustav Freytag, la struttura di una fiaba si presenta come una piramide (Esposizoine, azione crescente, climax azione decrescente, scioglimento) quella dei più grandi discorsi della storia, nell’analisi di Nancy Duarte è questa:

La sostanza non cambia.
La struttura della fiaba è lì, non si è spostata di un millimetro: beginning, call to adventure, middle, call to action, end, cross the threshold.
Il discorso è arricchito da metafore, fasi di empatia, aneddoti, risate, emozioni, meraviglia, applausi.
Tuttavia, secondo la Duarte, quello che fa la distinzione in un grande discorso è il suo continuo oscillare tra due realtà: quella esistente e quella possibile (What is e What could be).
La magia si verifica quando il sogno (What could be) si tramuta in realtà (What is). O almeno quando il pubblico si convince del fatto che quel sogno possa diventare realtà, attraverso questa struttura collaudata dai più grandi speaker della storia.

Un problema di etica?
Credo di no.
Se l’oratore si assume la responsabilità di trasformare
il sogno in realtà dovrà poi mantenere la promessa.
In caso contrario a rimetterci sarà lui stesso.
La fiducia e i consenso che avrà acquisito scompariranno in una bolla di sapone.

OBAMA 2008
Prendiamo un esempio: il discorso di insediamento di Barack Obama nel 2008. Se lo ascoltiamo bene, non c’è dubbio: la struttura che utilizza è quella che ha individuato Nancy Duarte. All’interno di questa struttura si muovono le tre fasi del discorso: empatia, intelligenza e volontà.
Vediamo gli ingredienti più importanti.
Inizia con domande retoriche che mettono in risalto la rottura con il passato, ripete continuamente il suo motto “Yes we can”.
Trasferisce agli elettori e ai volontari il personaggio dell’eroe, ringraziandoli per il sostegno e il lavoro enorme che ha permesso di portare a compimento la missione più importante e di trasformare il sogno in realtà.
Usa l’aneddoto dell’elettrice di 106 anni come testimonial del cambiamento. È uno snodo fondamentale del discorso che verte tutto sulla differenza tra ieri, oggi e domani. Attraverso quell’aneddoto può mostrare quanti progressi sono stati fatti in un secolo. E avviarsi alla conclusione spalancando le porte al secolo a venire e alla possibilità di trasformare ancora una volta il sogno in realtà. Il cambiamento (change) promesso in campagna elettorale è possibile? La risposta è chiara a tutti e la centenaria lo dimostra: Yes we can.

Ricorda che un discorso efficace deve tenere conto di tutti gli aspetti della comunicazione: il linguaggio verbale (sintassi e struttura del discorso), il linguaggio non verbale (mimica e gestualità, qui trovi i miei suggerimenti su questo argomento) e quello paraverbale (tono di voce).

Se parlare in pubblico è ancora un incubo, qui ti spiego come puoi superare la paura.


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