Politici eroi: mai senza un antagonista 0


A cosa serve l’antagonista? E come comportarsi con gli avversari? Te lo spiego con due esempi: uno tratto dalla serie tv americana Designated survivor, l’altro da Silvio Berlusconi.

L’antagonista è una figura fondamentale nello storytelling.
Quando scriviamo la storia di una carriera, di un uomo politico, quando definiamo la comunicazione in una campagna elettorale, stiamo disegnando i tratti di un eroe.
E per l’eroe non ha senso esistere se non c’è un avversario agguerrito e pronto a far crollare tutte le sue buone intenzioni.

Chi troverebbe interessante la storia di un giovane che riesce a raggiungere senza alcun intoppo la sua amata e sposarla?
Il consenso dell’eroe presso l’audience (nel nostro caso il corpo elettorale) aumenterebbe notevolmente se nel suo percorso incontrasse mille difficoltà e avesse per giunta l’opportunità di affrontare e sconfiggere chi ostacola la realizzazione del suo sogno.

Definire nel dettaglio e per tempo i contorni dell’ antagonista, dunque, permette di rafforzare nell’immaginario collettivo la percezione del politico. I suoi valori e la sua missione diventano quelli di un paladino da sostenere e supportare.

Tom Kirkman, Presidente degli Stati Uniti in “Designated Survivor“, riconosce l’importanza di avere un avversario.
In questo estratto (St.2 Ep.1) emergono due aspetti:

  1. Una lezione di storytelling politico
  2. Uno tra i metodi più efficaci per affrontare e indebolire l’avversario
    1. La lezione è sintetizzata in poche battute: “Se lei non esistesse non avrei ragione di esistere nemmeno io“.
      È la risposta che Kirkman dà a Elias Grandy, scrittore e giornalista, da sempre schierato tra i suoi nemici. Grandy aveva tenuto ad informarlo senza esitare della sua intenzione di declinare un premio letterario molto prestigioso per il quale era stato messo in lizza. La reazione del Presidente lo coglie alla sprovvista.

       

    2. Kirkman gioca a carte scoperte. Sa che Grandy è un suo antagonista e decide di affrontarlo. Per annientarlo usa una tecnica molto efficace: lo conquista, indebolendolo. Gli dice quel che Grandy non si sarebbe mai aspettato di sentire dal rappresentante del sistema che, per sua stessa ammissione, “aborre”. Grandy non dimenticherà quel momento. E avrà meno interesse a scrivere contro Kirkman.

Prendiamo una caso reale e più vicino a noi.
Come non ricordare la “sinistra” di Silvio Berlusconi nella campagna elettorale del 2008?

“La sinistra di Veltroni, che è la sinistra delle promesse elettorali, è la sinistra delle parole,
è la sinistra che ha cercato di mettere in scena un grande giuoco di illusionismo,
un grande giuoco di prestigio per fare dimenticare che esiste il governo Prodi,
per far dimenticare che c’è un passato di sinistra che è ancora vivo
e che presenta gli stessi personaggi di sempre nella loro parte politica
e ha dato questa missione impossibile – dico io – a un bravissimo comunicatore come Veltroni”.
(Silvio Berlusconi, Conferenza stampa Tg2, Aprile 2008).

Berlusconi ripete questo termine quasi ossessivamente per tutto il periodo della campagna elettorale, che poi vincerà.
In questo modo ha costruito e definito il suo avversario, mostrando al suo pubblico i pericoli derivanti dall’affidare il governo ad uno schieramento politico definito da una parola (vaga ma potentissima): la sinistra. Di conseguenza ha rafforzato i suoi valori, la sua missione.

Occhio: l’avversario va definito presto.
Il rischio è che lui definisca prima noi come suo antagonista, e se questo accade sarà dura lavorare per cambiare la percezione dell’elettorato.


Se vuoi appronfondire lo storytelling politico leggi anche:

Elezioni, il viaggio dell’eroe 

Storytelling, fiaba o copione?


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